Aprile 2018

Workshop “Dalla Terra alla Terra – La sostanza organica per il suolo”

In occasione della Festa dell’Agricoltura, manifestazione dedicata ai lavoratori e alle associazioni di categoria del mondo agricolo, che si svolgerà a Este (PD) dal 29 aprile all’1 maggio, S.E.S.A. Spa in collaborazione con il Comune di Este e il Consorzio Italiano Compostatori, organizza il Work Shop: “Dalla Terra alla Terra – La sostanza organica per il suolo”

L’incontro si terrà lunedì 30 Aprile a Este presso il Chiostro delle Consolazioni in Via Francesconi 2. Grazie al contributo di ARPA Veneto e dell’Università di Padova, si discuterà sull’ importanza della risorsa suolo e su come intervenire per mantenere il terreno in uno stato di salute e fertilità adeguate e conformi ad una gestione sempre più orientata alla sostenibilità ambientale.

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Confagricoltura VenetoWorkshop “Dalla Terra alla Terra – La sostanza organica per il suolo”
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Lavoro in agricoltura: appalto di servizi genuino

Il ricorso all’appalto a società cooperative e ad altri tipi di società di servizi è sempre più frequente anche nell’ambito delle aziende agricole. Le contestazioni che spesso vengono mosse dagli organi ispettivi (Ispettorato nazionale del lavoro) a tale modalità di fornitura di lavoro impone alle imprese di prestare molta attenzione nell’impiego dell’istituto dell’appalto, in quanto si può facilmente cadere nella “somministrazione illecita” di manodopera, oltre a correre il rischio di essere accusati di sfruttamento dei lavoratori, con conseguenti risvolti di carattere penale. Quest’ultimo rischio è elevato quando si cerca di appaltare un’attività o un servizio a basso costo, per cui è probabile che i lavoratori vengano retribuiti a livelli decisamente inferiori rispetto alle paghe previste dai contratti collettivi di lavoro a cui le ditte appaltatrici dovrebbero invece fare riferimento.

Con una sentenza del 12 marzo 2018 il Consiglio di Stato ha ribadito i requisiti che deve possedere un appalto di servizi genuino. Nella sostanza l’appalto di servizi deve avere per oggetto “l’obbligazione di un risultato”, che l’appaltatore deve raggiungere con l’organizzazione dei mezzi necessari ed assumendosene il rischio. Si tratta invece di somministrazione di lavoro quando si tratta di “un’obbligazione e di mezzi”, per cui l’Agenzia di somministrazione (che deve essere regolarmente iscritta ad un apposito albo presso il Ministero del lavoro) si impegna a fornire dei lavoratori all’azienda (utilizzatore) che li dirige e li organizza direttamente.

Richiamando un precedente pronunciamento della Cassazione, il Consiglio di Stato ha quindi sottolineato gli elementi negativi, da evitare, nell’appalto di servizi in quanto lo potrebbero classificare come “non genuino”. Essi sono: la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; l’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività; l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore (Cass. civ., sez. lav., 7 febbraio 2017, n. 3178).

Il contratto di appalto si deve perciò basare su un preciso risultato, come possono essere il numero di ettari o di quintali lavorati e non sulla base del numero di ore.

Le prestazioni della ditta appaltatrice non possono avere contenuto omogeneo a quello delle attività svolte dal personale stabilmente inserito nell’azienda del committente. Inoltre, il personale della società che presta il servizio dovrebbe essere munito di un know-how specifico, ovvero di un patrimonio di conoscenze non comune,  rispetto alla capacità professionale espressa dai lavoratori già impiegati nell’azienda agricola. Perciò l’appalto di un servizio potrebbe essere considerato non genuino qualora risultasse fatto solo per la necessità di sostituire o di integrare il personale dell’azienda non disponibile.

Inoltre, il coordinamento tra le imprese interessate (committente e appaltatore), dovrebbe essere concepito per escludere commistioni o sovrapposizioni tra le due realtà organizzative; ovvero per rendere del tutto evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e tra le rispettive fasi della produzione (si veda in tal senso la circolare del Ministero del Lavoro del 22.10.2009).

Infine deve essere ravvisabile un potere di autonoma ed effettiva organizzazione produttiva da parte della società che presta il servizio, alla quale spetta anche il compito di direzione sui lavoratori. Rispetto a quanto riportato da Consiglio di Stato, aggiungiamo che il committente, nel caso di abusi e irregolarità, è corresponsabile in solido per tutti i crediti (retributivi e contributivi) e di ogni altro diritto vantato dai lavoratori. Perciò è fondamentale che le aziende si accertino preventivamente della regolarità delle cooperative di servizio (ad esempio richiedendo il documento di revisione biennale), nonché della regolare assunzione dei lavoratori impiegati mediante la richiesta all’atto dell’appalto del Durc. Inoltre va verificato che le società di servizi siano iscritte al registro delle imprese e particolare attenzione va posta alla data, all’oggetto e al capitale sociale. Inoltre l’impresa appaltatrice deve autocertificare il possesso dei requisiti di idoneità tecnico e professionale per poter svolgere il servizio oggetto del contratto e i lavoratori devono essere muniti di apposita tessera di riconoscimento, corredata da fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Non va infine trascurato l’aspetto relativo alla sicurezza sula lavoro, i cui oneri sono a carico del committente.

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Istituita l’anagrafe degli allevamenti di conigli, di chiocciole e di altre specie

Lo scorso 17 aprile è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto concernente l’istituzione e regolamentazione dell’anagrafe zootecnica dei lagomorfi (conigli, esclusi quelli da affezione) nonché degli allevamenti di elicicoltura e di alcune specie di artiodattili (vedi elenco di seguito).

Gli adempimenti conseguenti alla istituzione dell’anagrafe saranno attuati in maniera da consentirne l’operatività entro sei mesi dalla entrata in vigore del decreto. Le principali finalità dell’anagrafe sono:

  1. tutela economico-sanitaria e valorizzazione del patrimonio zootecnico;
  2. supporto nella trasmissione di informazioni sullo stato sanitario delle aziende e degli allevamenti;
  3. tutela del consumatore.

Tra i responsabili del funzionamento dell’anagrafe ci sono i detentori degli animali, che hanno l’obbligo di registrare in BDN, direttamente o tramite delegato, le informazioni aggiornate sulle aziende e sulle movimentazioni. Inoltre sono responsabili del funzionamento dell’anagrafe: gli stabilimenti di macellazione; i servizi veterinari; il Centro servizi nazionale (CSN) costituito presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e Molise; il Ministero della salute.

I detentori degli “allevamenti familiari di conigli” (allevamento con numero di strutture fisiche che ospitano le fattrici, inferiore a venticinque, che non movimenta animali verso altre aziende e senza alcuna attività commerciale), non sono obbligati alla registrazione nella BDN, ma tali allevamenti devono essere comunque registrati, ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 13 marzo 2006, n. 158, presso il Servizio veterinario competente per territorio. Allegato al decreto c’è il manuale operativo che descrive le procedure informatiche per la registrazione di cui sono responsabili i vari soggetti della filiera tra cui i detentori degli animali.

Le anagrafe istituite dal decreto:

  • anagrafe dei lagomorfi (conigli) di allevamento;
  • anagrafe degli allevamenti di elicicoltura;
  • anagrafe dei camelidi e di altri ungulati (Mammiferi appartenenti all’ordine Artiodactyla, sottordine; Tylopoda (cammello, dromedario, lama, alpaca, guanaco, vigogna).
  • mammiferi appartenenti all’ordine Artiodactyla , sottordine Ruminantia (yak, gnu, zebù, cervo, capriolo, camoscio, daino, muflone, stambecco, antilope, gazzella, alce, renna).
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Pagamento accoppiato colture da seme

Confagricoltura, dopo la presa di posizione del Mipaaf di escludere dal premio accoppiato (ex. art. 52 Reg. UE 1307/2013) le colture da seme di soia, riso e grano duro, ha ritenuto di dover sollevare la questione direttamente al Presidente del Consiglio Gentiloni, nella sua veste di Ministro ad interim per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, con una lettera a firma del presidente confederale Massimiliano Giansanti.

“Tale esclusione -scrive il presidente- arreca grave danno agli operatori del settore in quanto è stata adottata senza alcuna preventiva informazione, inoltre appare una decisione ingiustificata sul piano giuridico. Confidiamo perciò che la questione trovi presto soluzione in maniera da avere un quadro giuridico chiaro in vista delle domande di pagamento accoppiato per le colture da seme.”

Confagricoltura VenetoPagamento accoppiato colture da seme
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Nuovo regolamento europeo sul biologico: una norma che rischia di snaturare il settore

Sono state approvate dall’Europarlamento le nuove norme Ue sulla produzione e commercializzazione dei prodotti da agricoltura biologica. Contro le nuove norme sul bio, che saranno applicabili a partire dal 2021, si sono schierati gli eurodeputati italiani, sostenuti dalla Confagricoltura.

I motivi della contrarietà sono sostanzialmente due.

Il primo riguarda la possibilità data dal regolamento di coltivare i prodotti bio anche senza seminarli su terra, ma su bancali in serra (richiesta dai Paesi del Nord Europa) facendo perdere così la naturale difesa della biodiversità, uno dei cardini stessi dell’agricoltura biologica. Altrettanto grave è che il regolamento consenta, senza alcun rispetto per il consumatore e il produttore, di vendere prodotti biologici contaminati accidentalmente da pesticidi. Il regolamento prevede infatti che i prodotti biologici che accidentalmente vengono contaminati da agrofarmaci non autorizzati nel settore potranno continuare ad avere la certificazione. I Paesi che, come l’Italia, hanno un meccanismo di decertificazione automatico potranno mantenerlo, ma non impedire la commercializzazione nel proprio mercato di prodotti di altri Paesi europei, o di Paesi terzi, che si comportano diversamente.

Questa scelta mette fortemente in pericolo il settore e rischia di snaturare un comparto che basa il suo operare su principi quali il rispetto dei cicli naturali di coltivazione e allevamento, la tutela della biodiversità del suolo, la valorizzazione di specie antiche, il divieto dell’uso di antiparassitari di natura chimica, la coltivazione e l’allevamento di specie autoctone.

Altro punto toccato dal regolamento riguarda i controlli con la previsione di controlli annuali antifrode per tutti gli operatori della filiera del biologico (non solo agricoltori), con le ispezioni che diventano a cadenza biennale per chi risulta in regola per tre anni di fila. I produttori con aziende di piccole dimensioni potranno aggregarsi e ottenere una certificazione di gruppo, riducendo i costi, mentre le aziende agricole miste, che producono sia prodotti convenzionali che biologici, continueranno a essere autorizzate.

Uno dei pochi aspetti positivi del regolamento è la possibilità di conoscere l’origine delle materie prime e del prodotto attraverso l’etichetta, una norma che andrà sicuramente a favore dei consumatori.

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Approvato il decreto Omnibus: semplificato l’agricoltore attivo

Il 19 aprile la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il decreto che da attuazione alle disposizioni contenute nel regolamento Omnibus, che revisiona alcuni interventi della Pac già dal 2018. Il testo definitivo del decreto consente di chiarire alcune scelte nazionali di attuazione che erano state anticipate in precedenti comunicazioni da parte del Ministero. In particolare si segnalano i seguenti punti.

  • Agricoltore attivo (articolo 3): è confermato che dal 2018 non saranno più applicate in Italia le esclusioni di entrambe le “black list”, sia quella comunitaria che quella aggiuntiva nazionale. Quindi, aeroporti, servizi immobiliari, banche, assicurazioni, enti pubblici, etc. non saranno più esclusi a priori dai pagamenti diretti e dalle misure di sviluppo rurale. Gli unici requisiti validi per dimostrare di essere agricoltore attivo saranno: l’iscrizione all’Inps come coltivatori diretti, IAP, coloni o mezzadri; il possesso della partita IVA in campo agricolo e relativa dichiarazione Iva relativa all’anno precedente; per le aziende che possiedono più del 50% della superficie in zone montane e/o svantaggiate e per  per gli agricoltori che iniziano l’attività agricola nell’anno di domanda, sarà sufficiente il possesso della partita Iva in campo agricolo.
  • La quantificazione del taglio massimo applicabile ai diritti per far fronte alle domande di accesso alla riserva nazionale per le aree montane e svantaggiate (articolo 10) si attesterà sull’1,5%. Tale taglio si sommerà alle altre riduzioni derivanti dall’aumento del pagamento aggiuntivo per i giovani (0,6-0,8%) e da quelli necessari per il fabbisogno dei “nuovi agricoltori”.
  • La gestione delle superfici a riposo seminate con specie mellifere indicate nell’allegato al decreto in purezza o in miscugli, va effettuata per un periodo di 7 mesi, da primo gennaio al 31 luglio.
  • E’ Confermato l’aumento della maggiorazione del pagamento a favore dei giovani agricoltori nella misura del 50% del pagamento di base (articolo 17) e potrà essere richiesto per cinque anni. Perciò, se un giovane si è insediato nel 2012 ed ha presentato la prima domanda nel 2015, ha potuto beneficiare sinora del premio anche per il 2015 e 2016. Potrà ora beneficiare della maggiorazione anche per il 2018 e 2019 completando così il quinquennio.
  • Prati permanenti: per dimostrare la non continuità delle superfici a foraggere e non farle ricadere nel registro nazionale dei prati permanenti ai sensi dell’art. 4 Reg. 1307/2013 è necessaria la dimostrazione dell’avvenuta aratura. L’Agea provvederà attraverso apposita circolare a indicare indicazioni in merito ai controlli amministrativi o a campione relativi a questa casistica.
  • Sostegno accoppiato per soia, grano duro e risone da seme: dalla campagna 2018 il Mipaaf e l’Agea hanno escluso questi prodotti dal premio accoppiato con una modifica della matrice prodotti/interventi.
  • Infine, il decreto prevede (articolo 28) che i piccoli agricoltori che acquisiscono nuovi terreni possono non dichiararli in domanda se non vi sono altre richieste di aiuto.
Clarissa GulottaApprovato il decreto Omnibus: semplificato l’agricoltore attivo
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Condizionalità 2018: nuove disposizioni applicative regionali

Le disposizioni nazionali di applicazione della Condizionalità per l’anno 2018 sono contenute nel Decreto MiPAAF n. 1867 del 18 gennaio 2018 e la Regione del Veneto ha recepito queste norme con la DGR n. 477 del 10 aprile 2018.

Il provvedimento regionale tiene conto del nuovo quadro normativo relativo alla PAC 2014-2020 e degli aggiornamenti normativi intervenuti in ambito nazionale nell’anno 2017.

Le novità di quest’anno riguardano principalmente:

  • BCAA 1 “Introduzione delle fasce tampone lungo i corsi d’acqua”: il divieto di fertilizzazione organica e inorganica vale per i terreni adiacenti a tutti corsi d’acqua
  • BCAA 4 e BCAA 5 “Copertura minima del suolo” e “Gestione minima delle terre che rispetti le condizioni locali specifiche per limitare l’erosione”: il campo di applicazione della norma viene esteso a tutto il territorio regionale
  • Registrazione degli animali e prevenzione delle zoonosi (CGO 6-7-8-9): importanti modifiche sono state adottate al fine di aggiornare la condizionalità con la normativa veterinaria vigente

Il nuovo regime di Condizionalità 2018 si applica: ai beneficiari dei pagamenti diretti PAC, ai beneficiari con impegni assunti con il PSR del Veneto 2014-2020, ai beneficiari con impegni ancora in essere, con le Sottomisure 214a, 214d, con la Misura 221 del PSR del Veneto 2007-2013, ai beneficiari dei programmi per la vendemmia verde, ristrutturazione e conversione vigneti.

E’ bene precisare infine che i beneficiari delle Misure PSR devono rispettare anche le norme sui Requisiti Minimi, che sono diversificate sulla base delle Misure finanziate.

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Terreni a riposo per la PAC 2018: attenzione alle regole

A seguito dell’approvazione del nuovo Decreto Ministeriale di applicazione del regolamento UE 1307/2013, contenente le novità del regolamento Omnibus, è utile riassumere le regole che devono essere rispettate nei terreni messi a riposo.

Per terreno lasciato a riposo si intende un seminativo incluso nel sistema di rotazione aziendale, ritirato dalla produzione agricola per un periodo minimo continuativo di sei mesi, a partire dal 1 gennaio e fino al 30 giugno dell’anno di domanda. Per i terreni a riposo seminato con specie mellifere il periodo minimo continuativo è di sette mesi a partire dal 1 gennaio e fino al 31 luglio dell’anno di domanda.

Fermo restando il rispetto delle regole di condizionalità, il terreno lasciato a riposo, che prevede comunque un’attività agricola, può essere:

  1. terreno nudo totalmente privo di vegetazione;
  2. terreno coperto da vegetazione spontanea;
  3. terreno seminato esclusivamente per la produzione di piante da sovescio o per la produzione di compost, ammendanti o fertilizzanti naturali;
  4. terreno seminato con specie mellifere di cui all’allegato IV, in purezza o in miscugli purché tali specie rimangano predominanti.

In assenza dei provvedimenti delle Regioni e Province autonome o degli enti gestori dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciale, per le aree individuate ai sensi della direttiva 2009/147/CE (conservazione uccelli selvatici) e della direttiva 92/43/CEE (conservazione habitat naturali) e sui terreni a riposo utilizzati come aree d’interesse ecologico è vietato lo sfalcio e ogni altra operazione di gestione del suolo, nel periodo compreso fra il 1 marzo e il 30 giugno di ogni anno.

Fatto salvo quanto indicato al punto precedente, sul terreno a riposo sono ammesse lavorazioni meccaniche nei seguenti casi:

  1. semina di specie mellifere (elenco nell’allegato IV del decreto) e colture a perdere per la fauna;
  2. pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide;
  3. terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi.

Sui terreni lasciati a riposo nelle aree di interesse ecologico (EFA), non è consentito l’uso di prodotti fitosanitari.

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Riso, coltivazioni a rischio: Confagricoltura chiede provvedimento per diserbo

Il riso italiano rischia una perdita di produzione dell’80% nella prossima campagna se, nei prossimi giorni, non verranno prese le opportune decisioni da parte dei ministeri Salute, Ambiente e Politiche agricole. I risicoltori non sanno ancora se potranno utilizzare alcuni prodotti (tra cui il propanile e il quinclorac), per combattere le infestanti, una delle principali problematiche per la risicoltura italiana. Indecisione che permane nonostante Confagricoltura abbia richiesto da tempo alle autorità competenti le relative autorizzazioni per emergenza fitosanitaria (ai sensi del regolamento CE 1107/2009). L’Unione Europea è strutturalmente deficitaria di riso. Il suo grado di autosufficienza è stato di circa il 65% nel 2015, con una tendenza alla contrazione e l’Italia rappresenta il principale bacino di approvvigionamento interno all’UE. La mancata autorizzazione dei principi attivi, determinerà l’impossibilità da parte dei risicoltori di gestire correttamente le piante infestanti e, di conseguenza, di garantire una risposta adeguata alla domanda europea di riso, causando ingenti perdite per il settore. Per tali motivi abbiamo sollecitato vivamente i ministeri competenti affinché, nel rispetto di tutte le precauzioni necessarie, procedano rapidamente alla concessione degli usi eccezionali.

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Vinitaly: dal Triveneto quasi la metà delle esportazioni italiane di vino

Nel 2017 l’export di vini del Triveneto vale quasi la metà di tutte le esportazioni italiane di vino: 35,5% è il contributo del Veneto, 8,9% quello del Trentino Alto Adige e 1,9% l’apporto del Friuli Venezia Giulia. I vini DOP delle tre regioni rappresentano il 41% del totale nazionale delle DOP (23,5% il peso del Prosecco DOP). Il mercato principale di sbocco dei bianchi DOP del Veneto nel 2017 si conferma la Germania (34,4%), seguita dal Regno Unito (15,1%) e dagli Stati Uniti (8,5%); i rossi DOP del Veneto, invece, sono per lo più diretti in Svizzera (15%), Canada (13,7%), Germania (12,5%) e Stati Uniti (9,6%).

Questa, in sintesi, la fotografia dell’export triveneto di vini illustrata a Verona dal responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, nell’ambito del convegno “Crescere sul mercato mondiale del vino” organizzato in partnership da Confagricoltura Veneto e Crédit Agricole FriulAdria nell’ambito di Vinitaly 2018.

Secondo il Presidente di Confagricoltura Veneto Lodovico Giustiniani: “L’export del vino triveneto sta vivendo un momento molto felice ed è di traino per tutta la filiera vitivinicola italiana. Ci sono dei mercati dove le esportazioni sono consolidate, come nei Paesi europei e del nord America, dove il consumatore riesce a percepire le differenze regionali dei vini italiani, e mercati ancora emergenti dove servirebbe una politica di promozione comune del Sistema vino italiano, perché il consumatore non riesce a percepire le differenze territoriali, ma solo del Paese di origine: vini francesi, spagnoli, australiani, ecc. Pertanto bisognerebbe diversificare l’approccio di promozione e sviluppo dell’export: in maniera mirata verso quei Paesi che hanno un consumatore evoluto che sa cogliere anche le peculiarità territoriali e rappresentarsi come Sistema Paese e con il Made in Italy per i Paesi emergenti. Per far ciò, considerato che il Prosecco è un vino vincente sui vari mercati, potrebbe essere il prodotto simbolo per i Paesi come la Cina. Oltre alle politiche di mercato, un ruolo importante per le nostre esportazioni è fornito dal sistema bancario che deve accompagnare, con gli strumenti adeguati, gli operatori del settore”.

L’approfondimento sui vini del Triveneto è stato contestualizzato nel quadro del recente studio su outlook e previsioni dei mercati mondiali realizzato da Nomisma Wine Monitor per Verona Fiere, da cui emerge che nei prossimi anni, salvo sorprese in fatto di restrizioni doganali, l’import di vino italiano dovrebbe continuare a crescere nei mercati nordamericani (Stati Uniti e Canada), mentre potrebbe segnare il passo in Germania e Regno Unito. Tra gli emergenti, la Cina dovrebbe continuare a crescere in maniera sensibile, così come la Russia. All’interno di questo trend, gli spumanti dovrebbero conquistare anche i mercati, finora meno coinvolti, dell’Est Europa e dell’Asia.

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