Giugno 2018

Rinviata la fattura elettronica per l’acquisto di carburanti con le schede carburanti

Nella giornata di ieri è stato approvato un Decreto che proroga l’entrata in vigore dell’obbligo della fattura elettronica per le cessioni di carburanti, che era fissata al 1° di luglio, ma solo per le schede di carburante e non per l’autotrazione. L’Agenzia delle Entrate dovrebbe chiarire se il gasolio agricolo rientra tra quello per autotrazione e, quindi, se è anch’essa soggetto a fatturazione elettronica. Ora è stabilito che l’obbligo entrerà in vigore il 1° gennaio 2019; alla stessa data è previsto l’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica per tutte le aziende.

Quindi, fino a fine anno, tutti i possessori di Partita IVA potranno continuare ad utilizzare le schede carburante, così come avvenuto fino ad oggi, per poter detrarre l’IVA sugli acquisti di carburante. Tuttavia, dal 1° luglio 2018, le cessioni di carburante potranno essere documentate anche tramite fattura elettronica da parte di tutti quei soggetti già in possesso dei software e delle procedure necessarie.

Rimangano comunque in vigore le altre novità previste per le cessioni di carburanti, e cioè l’obbligo di utilizzare pagamenti tracciati. Quindi, dal 1° luglio non saranno più deducibili/detraibili le spese sostenute per l’acquisto di carburanti che siano state effettuate tramite sistemi di pagamento non tracciati. Per non perdere il diritto alla deduzione/detrazione delle spese sostenute, è possibile utilizzare i seguenti metodi di pagamento:

  • assegni (bancari e postali);
  • vaglia (cambiari e postali);
  • addebito diretto;
  • bonifico bancario o postale;
  • bollettino postale;

carte di credito, di debito, prepagate o altri strumenti di pagamento elettronico.

L’utilizzo del denaro contante, invece, comporterà l’indeducibilità/indetraibilità delle spese sostenute.

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Piante Officinali: finalmente una legge più moderna per la coltivazione e la lavorazione

Lo scorso 23 giugno è stato pubblicato il decreto legislativo n° 75 Testo unico in materia di coltivazione, raccolta, e prima trasformazione delle piante officinali, che sostituisce il regio decreto del 1931 ormai obsoleto ed inapplicabile.

Il decreto fornisce una definizione più moderna del concetto di pianta officinale. Inoltre è finalmente chiaro che la coltivazione delle piante officinali sarà un’attività libera per tutti gli agricoltori (per la legge del 1931 non era esattamente così). E altresì stabilito che la minima valorizzazione aziendale delle piante officinali, indispensabile per l’accesso al mercato, è a tutti gli effetti un’attività agricola.

Tra le lavorazioni aziendali si possono elencare il lavaggio, la defoliazione, la cernita, l’essiccazione, il taglio e l’estrazione di olii essenziali da piante fresche, tutte attività connesse con la coltivazione, senza le quali non è possibile commercializzare il prodotto.

Tutto questo è sempre stato fatto, ma con norme non chiare molte regioni e qualche ente pubblico di vigilanza chiedevano dichiarazioni o attestazioni vario tipo, non sempre pertinenti o facili da ottenere.

Le nuove disposizioni prevedono anche l’istituzione di registri varietali, che però rischiano di burocratizzare e ingessare un settore molto dinamico, grazie proprio alla grande varietà di specie coltivabili e delle loro variazioni naturali. Limitare questa possibilità potrebbe essere un freno all’espansione delle coltivazioni.

Il provvedimento non si applica quando la coltivazione riguarda piante officinali che rientrano nell’ambito di applicazione delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope (D.P.R 9 ottobre 1990, n.309).

Per concludere possiamo dire che si tratta di una normativa attesa ed utile al settore che, tra le altre cose, prevede anche la redazione di un “Piano di Settore” e l’istituzione di un “Tavolo tecnico del settore delle piante officinali”, istituzioni nelle quali gli agricoltori sono rappresentati.

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Cinghiali: Regione Veneto autorizza caccia in Lessinia

La caccia al cinghiale in Lessinia e nel nord Veronese sarà possibile anche per la stagione venatoria 2018/2019. Su proposta dell’assessore all’agricoltura e alla caccia Giuseppe Pan, la Giunta regionale ha prorogato anche per l’ormai imminente stagione venatoria il regime sperimentale, a suo tempo richiesto dall’Amministrazione Provinciale di Verona, che consente dal 2010, nell’area dell’altopiano veronese, di poter prelevare sino ad un massimo di 800 capi.
“Si tratta di un prelievo del tutto sostenibile, che ha ottenuto il parere favorevole dell’ISPRA – commenta l’assessore Pan – per contenere il proliferare della specie, visti i problemi causati nel territorio veronese, caratterizzato da spiccata vocazione agricola. Anzi rispetto alle quattro precedenti annualità, il contingente massimo dei capi abbattibili ritorna ad essere di 800 (anzichè 600), proprio in considerazione della consistenza della specie e del numero totale di prelievi registrato nell’ultima stagione venatoria, che ammonta a 752”.
Nei circa 50 ettari interessati dall’attività venatoria, si stimano presenti attualmente circa 1000-1500 cinghiali. In media, dal 2010 al 2018, il prelievo venatorio autorizzato in via sperimentale ha interessato circa 400 capi per ogni stagione. In termini percentuali, i capi abbattuti sono per metà giovani cinghiali con meno di 12 mesi il 20per cento maschi adulti e il restante 30 per cento femmine adulte. Il metodo applicato dai cacciatori è quasi esclusivamente quello della ‘girata’, mentre del tutto residuale è la caccia da appostamento.
Le finalità del piano sperimentale di prelievo venatorio e del piano triennale di controllo sono le stesse: riportare le popolazioni dei suidi a livelli sostenibili e compatibili con l’ecosistema, contenere i danni causati dall’incontrollata proliferazione della specie. La caccia ai cinghiali negli altopiani veronesi sarà possibile dal 1° novembre al 31 gennaio 2019, ma già dal 15 agosto (data di apertura della selezione dei caprioli) al 31 ottobre sarà consentita la caccia di selezione.

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Approvata la legge sui parchi veneti: gli agricoltori entrano nella gestione

Il 19 giugno, dopo una ampia discussione, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato a larga maggioranza la nuova governance dei Parchi regionali, a distanza di 34 anni dalla vigente legge quadro in materia.

La maggioranza che l’ha sostenuta rivendica la bontà delle norme approvate, in primis il raggiunto equilibrio tra un governo dei parchi snello ed efficace e la garanzia di una importante rappresentanza dei territori e dei diversi interessi coinvolti. In effetti, in sede consigliare sono state accolte le richieste di Confagricoltura e di altre associazioni di poter partecipare attivamente alla gestione delle aree protette. Si tratta infatti di territori coltivati, pascolati o adibiti alla pesca nei quali gli agricoltori svolgono la loro attività combinando le esigenze produttive con i vincoli ambientali e, negli ultimi anni, si trovano sempre più in affanno per la presenza eccessiva e, in certi casi insostenibile, di animali selvatici. In questo momento era perciò importante avere un ruolo riconosciuto nel governo dei Parchi. Ma vediamo cosa prevedono le norme approvate.

I nuovi organi che amministreranno i parchi saranno la “Comunità del Parco”, organo di indirizzo, e il “Consiglio Direttivo”. La Comunità sarà costituita dai sindaci dei comuni del territorio, da tre esperti nominati dalla Regione, da un rappresentante della Provincia o della città metropolitana di Venezia e da un rappresentante per ciascun settore espresso dalle associazioni del settore primario, della promozione turistica, delle associazioni venatori ed ittiche e due rappresentanti espressi dalle associazioni ambientaliste. L’amministrazione vera e propria spetterà al Consiglio direttivo, composto da cinque membri, tre dei quali saranno nominati direttamente dal presidente della Regione tra i sindaci e gli esperti di nomina regionale che compongono la Comunità del Parco e due saranno proposti dalla stessa Comunità, purché in possesso di adeguato curriculum ed esperienza in materia gestionale-amministrativa o in materia di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale-rurale. Dei due soggetti indicati dalla Comunità, uno, che svolge la sua attività principale nel parco, viene proposto dalle associazioni più rappresentative nel settore produttivo-primario. Nel caso in cui nel territorio del parco sia costituita una associazione di proprietari, che rappresenti almeno il 60 per cento dei terreni agro-silvo-pastorali privati inclusi nel parco, l’indicazione del rappresentante del settore agricolo produttivo avviene da parte dell’associazione dei proprietari sentite le succitate associazioni del settore primario.
Il Presidente del parco è nominato dal Presidente della Giunta regionale fra i componenti del Consiglio direttivo. Completano l’organigramma del funzionamento dei Parchi due organi consultivi: la Consulta del parco, costituita dai rappresentanti di varie associazioni, e il Comitato scientifico.

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Pac 2017- Titoli ricalcolati ed entro il 30 giugno il saldo

A tre anni di distanza dall’avvio del processo di assegnazione, i titoli Pac sono in continua evoluzione. La circolare Agea n. 48086 del 5 giugno 2018 contiene il ricalcolo dei titoli che interessa tutti gli agricoltori a partire dal 2017.

Tutti i titoli sono stati tagliati del 3% per due motivi: alimentare il plafond della riserva nazionale per i “nuovi” agricoltori e per i “giovani”; la riduzione dell’1% del plafond del pagamento di base, che è passato dal 58% al 57% del massimale nazionale a seguito dell’incremento degli aiuti accoppiati.

Nella circolare Agea viene anche comunicato il nuovo valore dei titoli assegnati con le Domande di Accesso alla Riserva nazionale (DAR): DAR 2015: valore titoli € 228,76 nel 2015, € 225,76 nel 2016, € 222,75 nel 2017; DAR 2016 valore titoli € 228,84 nel 2016, € 225,79 nel 2017; DAR 2017 valore titoli € 220,61 nel 2017.

Inoltre la circolare riporta il valore definitivo per il pagamento greening 2017 in 0,5079 (50,79%) del valore dei titoli attivati dall’agricoltore. Per il 2015, tale coefficiente era di 0,5012 e per il 2016 era di 0,4993.

Il ricalcolo dei titoli aveva ritardato l’erogazione del saldo dei pagamenti della Domanda 2017, molto attesi dagli agricoltori. Dopo la pubblicazione della circolare Agea gli organismi pagatori hanno ripreso i pagamenti che dovrebbero essere completati entro il 30 giugno. Come di consueto rimarranno escluse le aziende sottoposte a controllo oltre alle situazioni che presentano determinate anomalie e/o contenziosi.

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L’agricoltura italiana non ha bisogno di dazi

Siamo assolutamente d’accordo con il ministro Centinaio. L’agricoltura italiana non ha bisogno di dazi, ma di mercati aperti sui quali continuare ad affermare l’eccellenza del “Made in Italy” in ogni parte del mondo”. Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha così commentato le dichiarazioni del ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio. Le guerre commerciali, a colpi di dazi e contromisure di ritorsione, non hanno mai vincitori e non giovano alle imprese. Non dobbiamo dimenticare che la UE è leader mondiale per l’export agroalimentare.

Il problema urgente che si pone è quello della reciprocità e della diversità delle regole di produzione. “Non possiamo  – ha detto Giansanti – continuare ad aprire i nostri mercati a prodotti ottenuti con sistemi diversi da quelli imposti agli agricoltori dell’Unione Europea in termini di sicurezza alimentare, tutela del lavoro e sostenibilità ambientale. E’ una questione di leale competizione tra le imprese e trasparenza nei riguardi dei consumatori”.

Sulla base di queste esigenze auspichiamo la fine delle “guerre commerciali” e la ripresa delle trattative in sede multilaterale, per discutere su come rivedere un processo di globalizzazione che è avanzato senza un adeguato sistema di regole.

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Piano irriguo: Regione Veneto finanzia i primi interventi anti-siccità

Primi interventi del Piano anti-siccità della Regione Veneto: la Giunta reginale, su proposta dell’assessore all’agricoltura e alla bonifica, ha approvato i primi interventi del piano irriguo nazionale stanziando un milione di euro da affidare ai Consorzi di bonifica perché realizzino, in concessione, le opere concordate. Muove così i primi passi il Piano anti-siccità, messo a punto dopo l’eccezionale stagione di caldo e arsura che ha caratterizzato il Veneto l’estate scorsa, per mettere in sicurezza le colture di pregio della terra veneta.
Il provvedimento della Giunta regionale (che ora passa all’esame della competente commissione del Consiglio regionale) individua i primi interventi da attuare entro l’anno da parte dei Consorzi di bonifica, attraverso l’istituto della concessione. Il contributo regionale arriverà a coprire fino al 90 per cento della spesa, che avrà un valore complessivo di investimento di 1,3 milioni di euro.
Le opere finanziate sono:

  1. Il completamento delle opere di adduzione per l’impinguamento del bacino irriguo Valcinta (contributo regionale di 150 mila euro al Consorzio di bonifica Adige Euganeo di Este);
  2. il potenziamento dell’impianto irriguo Cavana, a Villadose, a servizio del sistema di adduzione principale (95 mila euro al Consorzio di bonifica Adige Po di Rovigo);
    3) l’ammodernamento di canalette e manufatti irrigui nel bacino Delta Brenta, nel territorio dei comuni di Codevigo e di Chioggia (120 mila euro al Consorzio di bonifica Bacchiglione di Padova);
  3. l’ammodernamento del sistema di automazione dell’impianto di irrigazione collinare a Pianezze e Marostica e del sostegno ad uso irriguo in località Lupia di Sandrigo, nel fiume Tesina, nonché la riqualificazione della risorgiva del Fontanon del Diavolo, a Gazzo (tre interventi, rispettivamente di 40 mila, 54 mila e 55 mila euro, per un totale di 149 mila euro di contributo al Consorzio di bonifica Brenta di Cittadella);
  4. il completamento dell’impianto irriguo di Caerano (250 mila euro al Consorzio di Bonifica Piave di Montebelluna);
  5. l’ammodernamento della centrale di sollevamento dell’impianto in pressione Spolverina a san Giorgio dei Salici, località del comune di Sona (157 mila euro per un intervento del costo complessivo di oltre 350 mila euro, a carico del Consorzio di bonifica Veronese di Verona);
  6. il ripristino della funzionalità, con lavori di somma urgenza, dell’opera di regolazione del fiume Guà Frassine, a Cologna Veneta (79 mila euro al Consorzio di bonifica Lessinio Euganeo Berico di Cologna Veneta, Verona).

“Dei 600 mila ettari di superficie agricola del Veneto – spiega l’assessore all’agricoltura – poco più di un terzo, circa 250 mila sono dotati di una rete irrigua dedicata. Il resto attinge acqua dai canali, che sono ad uso promiscuo, cioè sia di scolo che di irrigazione. Sono queste le aree che vanno maggiormente in sofferenza a causa dei cambiamenti climatici in atto, in particolare nei mesi del grande caldo o di assenza prolungata di precipitazioni, per le quali è necessario pensare un programma generale di interventi irrigui, a breve, medio e lungo termine”.
“Con la legge di bilancio 2018 la Regione Veneto si è dotata di un programma di opere e interventi per mitigare i danni provocati dai cambiamenti climatici e potenziare le infrastrutture idriche – ricorda l’assessore – predisponendo anche un piano straordinario delle priorità, grazie alla banca dati dei progetti infrastrutturali dei Consorzi di bonifica del Veneto che hanno mappato le necessità del territorio e gli interventi più urgenti da realizzare. Ora con il questo primo stanziamento di 1 milione di euro la Regione fa da ‘starter’ e mette in moto la ‘macchina’ degli investimenti consortili”.
“Il ruolo dei Consorzi di bonifica è sempre più necessario e fondamentale –conclude l’assessore regionale – non più solo per difendere la terra veneta da paludi e garantire lo scolo delle acque, ma soprattutto per la gestione della rete idraulica e per garantire a tutte le aree coltivabili del Veneto il fabbisogno idrico, utilizzando anche le acque piovane”.

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Regolamento Europeo sul Biologico

Sulla Gazzetta ufficiale europea è stato pubblicato il Regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento e del Consiglio europeo del 30 maggio 2018 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio

Il regolamento fissa i principi della produzione biologica, stabilisce le norme relative alla produzione biologica, alla relativa certificazione e all’uso di indicazioni riferite alla produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità, nonché le norme relative ai controlli aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dal regolamento (UE) 2017/625.

Si tratta di un “regolamento di base” che definisce anche alcune regole di produzione per il pollame, ma per il settore avicolo le norme vere e proprie di produzione saranno definite negli atti di attuazione attualmente in discussione tra la CE e gli Stati membri, che hanno tempo fino al 28 giugno per inviare i loro commenti alla Commissione.

In particolare il presente regolamento si applica ai seguenti prodotti provenienti dall’agricoltura, incluse l’acquacoltura e l’apicoltura, elencati nell’allegato I del TFUE, e ai prodotti derivanti da tali prodotti, qualora siano ottenuti, preparati, etichettati, distribuiti, immessi sul mercato, importati nell’Unione o esportati da essa, o siano destinati ad esserlo:

  1. prodotti agricoli vivi o non trasformati, compresi sementi e altro materiale riproduttivo vegetale;
  2. prodotti agricoli trasformati destinati a essere utilizzati come alimenti;
  3. mangimi.

Il presente regolamento si applica anche a taluni altri prodotti strettamente legati all’agricoltura elencati nell’allegato I del presente regolamento qualora siano ottenuti, preparati, etichettati, distribuiti, immessi sul mercato, importati nell’Unione o esportati da essa, o siano destinati a esserlo.

Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e si applica a decorrere dal 1gennaio 2021.

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Esordio in Europa per il nuovo Ministro Centinaio

Il ministro Centinaio esordisce in Europa al Consiglio europeo dei Ministri dell’Agricoltura e della Pesca. Al centro della discussione la proposta della Commissione del pacchetto di riforma della PAC post 2020. In particolare: focus sulle risorse finanziarie, sul nuovo modello di attuazione, sul primo pilastro e sullo sviluppo rurale. “Le risorse previste sono insufficienti a tutelare il reddito delle nostre imprese dalla volatilità dei mercati e dai cambiamenti climatici – ha affermato il Ministro Centinaio – Ribadisco il mio impegno a ridare all’agricoltura lo spazio che merita nel dibattito europeo e a riportarla al centro dell’agenda politica del Governo, considerando anche che il nostro Paese è contributore netto al bilancio comunitario e che l’agricoltura è stata fortemente penalizzata nella fase 2014-2020. I tagli alla PAC incidono in modo consistente sul sistema agroalimentare e il rischio è che non venga riconosciuto il grande valore del territorio rurale europeo. Ecco perché chiediamo fin da subito più flessibilità, più semplificazione, più sussidiarietà. Una PAC che guarda al futuro si deve porre il problema di come garantire ai consumatori cibo sicuro e di qualità, aspetti messi sempre più in discussione dalla globalizzazione e dalle indiscriminate aperture dei mercati mondiali. La superiorità del modello agricolo e alimentare europeo deve invece essere valorizzata, mettendo i cittadini nelle condizioni di conoscere in maniera chiara e inequivocabile la provenienza dei prodotti che finiscono a tavola e le materie prime utilizzate. Le norme più restrittive che il nostro sistema agricolo ha in materia ambientale, sanitaria e di benessere animale non devono tradursi in vincoli e più spese. Basta penalizzare le nostre imprese che si devono confrontare con competitor internazionali che hanno meno obblighi da rispettare e meno costi da affrontare. Vogliamo un mercato più giusto. Guardando avanti, è chiaro che bisogna investire su innovazione, agricoltura di precisione, ricambio generazionale, accesso al credito. Non basta però la buona volontà. Abbiamo bisogno di strumenti validi per essere all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte. E l’Europa deve essere al nostro fianco.”
Sull’impianto della riforma, il Ministro Centinaio ha chiesto rassicurazioni sulla possibilità di adattamento del nuovo Piano strategico a un modello di programmazione, come quello italiano, che pone al centro dell’attenzione le amministrazioni regionali. Il Ministro Centinaio ha posto poi l’accento sulle difficoltà affrontate da alcuni settori sensibili nel nostro Paese, come quello saccarifero e del riso, per dare risposte concrete al comparto.
“È impensabile – ha aggiunto Centinaio – che molte aziende saccarifere non riescano neppure a coprire i costi di produzione. Questo significa rischio di abbandono delle coltivazioni e noi non possiamo permettercelo. Così come l’importazione massiccia di zucchero da parte di produttori di altri Paesi, solo perché i prezzi sono molto più bassi. Ho proposto quindi di attivare lo stoccaggio privato dello zucchero per contribuire a limitare l’eccesso di offerta e, almeno nel breve periodo, a bilanciare il mercato.”
Sulla questione riso invece il ministro ha affermato: “Abbiamo presentato un dossier per richiedere l’attivazione della clausola di salvaguardia – ha concluso Centinaio – È necessario porre un freno alle concessioni rilasciate nell’ambito degli accordi commerciali a Paesi
terzi, a cominciare da quello con l’India. La mia non è solo preoccupazione per le importazioni a dazio zero. È ferma convinzione che così non si può andare avanti. È arrivato il momento di alzare la voce in difesa dell’Italia.”
Riguardo al regolamento sui controlli il Ministro si è detto invece favorevole alla proposta di estendere tutti gli obblighi in materia di tracciabilità ed etichettatura ai prodotti importati nell’Unione.

Un ottimo esordio. Condividiamo infatti le priorità italiane che il ministro ha annunciato per il negoziato sulla riforma della Pac e abbiamo particolarmente apprezzato i riferimenti alla competitività dell’agricoltura italiana e alle difficoltà per i settori del riso e dello zucchero che attendono una risposta dalla Commissione.

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Operai agricoli: rinnovato il CCNL

Nella tarda serata del 19 giugno 2018 è stato siglato, presso Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura, l’accordo di rinnovo del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti per il quadriennio 2018-2021, scaduto il 31 dicembre 2017.

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sottolinea “il senso di responsabilità che ha qualificato l’intera trattativa da parte della nostra Organizzazione, nonostante le difficoltà che, a livello generale, stanno caratterizzando l’attuale fase economica”.

L’intesa è arrivata al termine di un negoziato serrato, durato oltre sei mesi, e nel corso del quale non sono mancati momenti di tensione e di aspra conflittualità, sfociati anche nello stato di agitazione da parte dei sindacati e nella proclamazione di uno sciopero (15 giugno 2018), poi rientrato.

Soddisfazione è stata dunque espressa dal presidente dell’Organizzazione dei datori di lavoro agricolo “per la chiusura di un importante contratto che interessa oltre 200.000 imprese e più di 1 milione di lavoratori”.

L’aumento retributivo previsto è del 2,9 per cento ed è ripartito in due tranche: 1,7% dal 1°luglio 2018 e 1,2% dal 1°aprile 2019, senza corresponsione di arretrati né una tantum. Si tratta di un aumento sostanzialmente in linea con gli indicatori di riferimento, che cerca di mediare l’esigenza di salvaguardare il potere di acquisto dei lavoratori con quella di prevedere un costo del lavoro sostenibile per l’impresa.

Tra le novità più significative si segnala l’ampliamento della sfera di applicazione del CCNL – che è stato esteso anche alle imprese che esercitano attività di frangitura delle olive in via esclusiva (frantoi) e alle imprese di coltivazione idroponiche – e l’introduzione di una maggiore flessibilità nella distribuzione dell’orario settimanale di lavoro, anche attraverso un sensibile ampliamento delle causali che possono determinare l’interruzione dell’attività lavorativa.

L’accordo – che rappresenta un’ulteriore dimostrazione delle buone relazioni sindacali che caratterizzano il settore agricolo – si qualifica anche per una specifica intesa sulla rappresentanza delle organizzazioni sindacali legittimate a sottoscrivere la contrattazione collettiva per gli operai agricoli e florovivaisti, anche al fine di limitare il rischio di contratti “pirata” sottoscritti da soggetti privi di reale rappresentatività.

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