Febbraio 2018

Materiali del convegno “Il turismo veneto incontra l’agriturismo” – 26 febbraio 2018

Pubblichiamo e rendiamo disponibili i materiali del convegno “IL TURISMO VENETO INCONTRA L’AGRITURISMO” che si è svolto lunedì 26 febbraio presso Confagricoltura Veneto.

Ringraziamo tutti i relatori e i molti soci intervenuti.

Clarissa GulottaMateriali del convegno “Il turismo veneto incontra l’agriturismo” – 26 febbraio 2018
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Bonus agriturismo: modalità operative

Con riferimento al credito d’imposta per gli agriturismi, si informa che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con il decreto n. 598/2017, ha reso note le relative istruzioni operative. In particolare, viene stabilito che agli agriturismi, esistenti alla data del 1° gennaio 2012, è riconosciuto un credito d’imposta del 65% per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, per interventi di ristrutturazione edilizia, che abbiano anche finalità di riqualificazione di incremento dell’efficienza energetica o riqualificazione antisismica, ovvero per le spese per l’acquisto di mobili e componenti d’arredo (questi ultimi destinati esclusivamente agli immobili oggetto degli interventi di ristrutturazione).  L’agevolazione è subordinata all’ ulteriore condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee all’esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima dell’ottavo periodo d’imposta successivo. Si ricorda che le spese agevolabili sono quelle di:

  • manutenzione straordinaria;
  • restauro e di risanamento conservativo;
  • ristrutturazione edilizia;
  • eliminazione delle barriere architettoniche;
  • gli interventi volti ad eliminare le barriere sensoriali e della comunicazione;
  • adozione di misure antisismiche;
  • interventi di incremento dell’efficienza energetica;
  • spese per l’acquisto di mobili e componenti d’arredo.

Sono previsti due tempi  per la presentazione della domanda. C’è una  prima fase, in cui  il legale rappresentante dell’impresa compila, sul  portale di beni culturali, l’istanza che attesta l’effettività degli interventi e delle spese sostenute nonché il credito d’imposta spettante. Tale procedura è stata prorogata alle ore 16.00 del 22 febbraio. Ed in seguito una seconda fase, quella vera e propria del click day, in cui  il legale rappresentante dalle ore 10.00 del 26 Febbraio alle ore 16.00 del 27 Febbraio 2018 conclude il procedimento di presentazione con l’invio telematico dell’istanza e dell’attestazione di effettività delle spese sostenute, già perfezionate dalle firme digitale. Nella domanda, sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa, dovrà essere specificato:

  • il costo complessivo degli interventi e l’ammontare totale delle spese;
  • l’attestazione di effettività delle spese sostenute;
  • il credito d’imposta spettante;
  • gli estremi dei titoli abilitativi acquisiti, nel caso di ristrutturazione edilizia che comporti aumento della cubatura complessiva.

Le imprese devono inoltre, contestualmente alla domanda, presentare la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, relativa ad altri aiuti “de minimis” eventualmente fruiti durante l’esercizio finanziario in corso e nei due precedenti. Il credito d’imposta è riconosciuto previa verifica, da parte del Ministero, del rispetto dei requisiti soggettivi ed oggettivi e formali. Entro 60 giorni dal termine di presentazione delle domande, il Ministero comunica all’impresa l’importo del credito effettivamente spettante o il diniego dell’agevolazione. Ricordiamo che le risorse sono assegnate secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande.

Clarissa GulottaBonus agriturismo: modalità operative
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PSR Agroambiente – Nuove domande: ottimizzazione tecniche agronomiche e indennità compensative

La Regione ha disposto l’apertura dei termini di presentazione delle domande di aiuto per le seguenti misure:

  • 1.2 Ottimizzazione ambientale delle tecniche agronomiche ed irrigue con un budget di 15 milioni;
  • 1.1 Indennità compensativa in zona montana con un importo a bando di 20 milioni di euro.

Riportiamo di seguito una sintesi del contenuto delle suddette misure. Il termine per la presentazione delle domande è il 15 maggio 2018.

  • 10.1.2 Ottimizzazione ambientale delle tecniche agronomiche ed irrigue

La misura sostiene l’adozione di tecniche di coltivazione che assicurino l’appropriato utilizzo dei fitonutrienti e della risorsa idrica, al fine di allineare i potenziali fabbisogni delle colture alla necessità di tutela della qualità delle risorse idriche superficiali e profonde. Nel rispetto del 25% della SOI aziendale, i terreni ad impegno possono variare negli anni in funzione della rotazione colturale, assicurando comunque il mantenimento della consistenza della SAU seminativa aziendale obbligatoria ad impegno.

Sulle superfici ad impegno vanno attuate le seguenti colture: mais o sorgo, soia, girasole, cereali autunno vernini, colza/altre crucifere o altre colture erbacee autunno vernine, barbabietola, tabacco.

L’agricoltore deve rispettare i seguenti impegni: seminare colture intercalari di copertura del suolo; effettuare analisi dei terreni; ridurre i concimi azotati e distribuire in modo ottimizzato i fertilizzanti; aggiornare il registro web di coltivazione; rispettare gli impegni di gestione ottimizzata dell’acqua a fini irrigui, laddove siano presenti le colture di mais, barbabietola, soia, tabacco.

Il mancato rispetto dell’impegno irriguo, per le colture di mais, soia e barbabietola è permesso solamente qualora il Consorzio di Bonifica competente per territorio attesti la mancanza strutturale di servizio irriguo sulla SOI ad impegno. Nel caso del tabacco l’impegno irriguo deve essere sempre assicurato.

La priorità è assegnata ai territori del bacino scolante della Laguna di Venezia e alle aree con bilancio idroclimatico negativo. L’aiuto varia da 193 a 512 euro per ettaro, in funzione della coltivazione praticata e degli impegni assunti. L’adesione all’impegno ha una durata di 5 anni. Il termine per la presentazione delle domande è il 15 maggio 2018.

  • 13.1.1 – Indennità compensativa in zona montana

Riaprono anche i termini per la presentazione delle domande per le indennità compensative in zona di montagna. Il soggetto richiedente deve: a) condurre superficie oggetto di impegno ricadente in zona montana veneta; b) per le aziende zootecniche: possedere specifico codice identificativo dell’allevamento di bestiame bovino o ovicaprino o equino rilasciato dall’ASL competente e detenere almeno 1 UBA di bestiame bovino, ovi-caprino o equino.

Le superfici ammissibili nell’azienda zootecnica sono costituite da foraggere utilizzate per l’allevamento e seminativi destinati all’alimentazione del bestiame. Nelle altre aziende sono ammissibili tutte le superfici, tranne i pascoli, colture in serra (incluse fungaie), vivai, colture arboree permanenti specializzate (vite, alberi da frutto).

Il beneficiario deve proseguire l’attività agricola in zona montana per l’anno di presentazione della domanda di aiuto; nel caso di aiuto alle aziende zootecniche: condurre superfici foraggere utilizzate per l’allevamento per un periodo minimo di 3 mesi l’anno e seminativi destinati all’alimentazione del bestiame, correlati al carico minimo per ettaro di 0,2 UBA a partire da una consistenza minima aziendale di 1 UBA.

Il termine per la presentazione delle domande è il 15 maggio 2018.

Clarissa GulottaPSR Agroambiente – Nuove domande: ottimizzazione tecniche agronomiche e indennità compensative
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PSR Agroambiente: domande di conferma entro il 15 maggio

La Regione ha disposto l’apertura dei termini di presentazione delle domande di conferma per l’anno 2018 per le misure agroambientali relative ai seguenti interventi:

  • 1.1 Tecniche agronomiche a ridotto impatto ambientale; 10.1.3 Gestione attiva di infrastrutture verdi; 10.1.4 Gestione sostenibile di prati, prati-seminaturali, pascoli e prati-pascoli in zone montane; 10.1.7 Biodiversità – Allevatori e coltivatori custodi; 11.1.1 Pagamenti per la conversione all’agricoltura biologica; 11.2.1 Pagamenti per il mantenimento dell’agricoltura biologica del Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2014-2020 di cui ai bandi della DGR n. 440/2015, n. 465/2016 e n. 435/2017;
  • impegni pluriennali ancora in essere relativi alla Misura 6 Agroambiente azioni 6 CE, e alla Misura 8 Imboschimento del PSR 2000-2006, nonché per gli impegni ancora in essere relativi al regolamento (CEE) n. 2080/92, nonché per gli impegni assunti negli anni 2008, 2009, 2010 e 2011 relativi alle misure 221 Primo imboschimento dei terreni agricoli e 223 Primo imboschimento dei terreni non agricoli del PSR 2007-2013;
  • domande di conferma per l’anno 2018 per le misure 214 Pagamenti agroambientali – sottomisure a, d, del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, presentate a seguito dell’approvazione del bando di cui alla DGR n. 456/2014, già oggetto di conferma per il 2015 ai sensi della DGR n. 607/2015.

Il termine per la presentazione delle domande è il 15 maggio 2018.

Clarissa GulottaPSR Agroambiente: domande di conferma entro il 15 maggio
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Fondo per l’emergenza avicola: definite le destinazioni

Con decreto del 15 febbraio 2018, approvato dalla Conferenza Stato-Regione del 22 febbraio, sono stati definiti i criteri di attuazione e le modalità di accesso al Fondo per l’emergenza avicola, istituito con la Legge di Bilancio del 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205).

Le risorse del suddetto fondo sono divise in due capitoli.

Nel primo sono stati allocati 5 milioni di euro per l’anno 2018 e 5 milioni  per l’anno 2019. Tali risorse sono destinate ad indennizzare le imprese agricole colpite dall’influenza aviaria e, più precisamente, per favorire la loro ripresa economica e produttiva, secondo quanto previsto dall’art.5, comma 2 del dlgs n. 102/2004. In pratica si tratta di interventi in conto capitale che possono raggiungere l’80% del danno subito e/o prestiti agevolati ad ammortamento quinquennale. La condizione è che si dimostri un danno superiore al 30% della produzione lorda vendibile aziendale.

Il secondo capitolo del Fondo per l’emergenza avicola ha una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro che sono destinati al rafforzamento del sistema di sorveglianza e prevenzione la cui attuazione è demandata alle singole regioni. Del suddetto importo al Veneto perciò sono stati assegnati 2.804.800 di euro.

Gli interventi finanziati riguardano: l’incremento della sorveglianza passiva sulla popolazione domestica e selvatica; la raccolta di informazioni sull’ecologia dei volatili selvatici; l’acquisto di materiali per la gestione delle epidemie; il potenziamento dei sistemi di abbattimento, distruzione, disinfezione; interventi per il miglioramento della biosicurezza degli allevamenti avicoli nonchè interventi a favore delle imprese agricole per gli oneri derivanti dalle misure di riduzione della densità degli allevamenti di tacchini, quali ad esempio la mancata autorizzazione di nuovi accasamenti.

Clarissa GulottaFondo per l’emergenza avicola: definite le destinazioni
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Il vicepresidente di Confagricoltura Veneto incontra il commissario Hogan e l’Onorevole De Castro

“Entro fine maggio la Commissione presenterà le proposte legislative sulla futura Pac”. Lo ha anticipato il commissario europeo all’Agricoltura Phil Hogan al presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti e al vicepresidente di Confagricoltura Veneto Giordano Emo Capodilista, in occasione di un incontro organizzato a Bruxelles.

Una Pac improntata alla competitività e applicata con flessibilità a livello nazionale, pur in un quadro giuridico definito a livello comunitario, saranno gli elementi caratterizzanti della proposta, secondo Hogan, che ha sottolineato l’intenzione di diminuire i controlli di Bruxelles sull’applicazione delle regole della Ue in agricoltura.
Giansanti e Emo Capodilista hanno poi incontrato il vicepresidente della Commissione Agricoltura on. Paolo De Castro. Conciliare l’obiettivo della semplificazione con il mantenimento di una vera politica agricola comune. Questo il tema affrontato nell’incontro incentrato sulle proposte legislative della Pac annunciate nei prossimi mesi, dopo l’approvazione della Comunicazione della Commissione europea. Secondo De Castro “è prevedibile un iter legislativo assai incerto, che difficilmente potrà completarsi in questa legislatura. Numerosi gruppi politici temono infatti che il cosiddetto ‘New Delivery Model’ ipotizzato dalla Commissione europea possa implicare una possibile rinazionalizzazione e una forte distorsione di concorrenza tra Stati membri”.
Dal canto suo, il presidente Giansanti ha sottolineato l’importanza di mantenere la politica agricola comune: “Garantirebbe, tra l’altro la competitività delle nostre aziende che già soffrono la concorrenza di quelle di altri Stati membri, in termini di costo del lavoro e politica fiscale”.

Clarissa GulottaIl vicepresidente di Confagricoltura Veneto incontra il commissario Hogan e l’Onorevole De Castro
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Mais Ogm: uno studio conferma che non esiste nessuna evidenza di rischi per la salute

Il mais Ogm non è rischioso per la salute umana. È quanto risulta dalla più vasta analisi dei dati relativi a 21 anni di coltivazioni nel mondo e condotta da Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Pisa. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, ha analizzato i dati sulle colture dal loro inizio nel 1996 fino al 2016, in Usa, Europa, Sud America, Asia, Africa e, Australia.

“Lo studio ha riguardato esclusivamente l’elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l’interpretazione politica dei medesimi”, sostengono i ricercatori rilavando che i dati appena pubblicati permettono di “trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate”.

La metanalisi si è basata su 11.699 osservazioni che riguardano le produzioni, la qualità della granella (incluso il contenuto in micotossine), l’effetto sugli insetti target e non-target, i cicli biogeochimici come contenuto di lignina negli stocchi e nelle foglie, perdite di peso della biomassa, emissione di anidride carbonica dal suolo.

Dall’analisi di 11.699 dati contenuti in articoli di riviste scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6% al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi ai raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%).

“Come valutare una notizia del genere? Senz’altro con orgoglio, aspettativa e voglia di competizione”, ha commentato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti.“Orgoglio, per i nostri ricercatori, che nonostante tutto sono tra i migliori al mondo, ma del tutto bloccati, nella sperimentazione, nel nostro Paese – ha spiegato Giansanti -. Abbiamo sempre sostenuto che, sugli Ogm, serve un approccio laico e aperto e comunque la scienza deve essere lasciata libera di studiare e sperimentare. L’assenza di ricerca diminuisce la capacità di innovazione delle imprese e ne deprime i risultati produttivi ed economici”.
“Aspettativa perché lo scorso anno la superficie italiana coltivata a mais ha toccato un nuovo minimo storico. La produzione maidicola nazionale è scesa al di sotto dei 6 milioni di tonnellate, il volume più basso degli ultimi venticinque anni. Di contro, le importazioni di mais stanno crescendo a doppia cifra percentuale e supereranno quest’anno in valore i 900 milioni di Euro. Un bel peso per la bilancia commerciale italiana. E questo anche grazie agli Ogm altrove utilizzati da più di due decenni e da noi bloccati del tutto”.
“Competizione perché finora ci siamo trovati a misurarci sul mercato mondiale senza gli stessi strumenti della concorrenza, in condizioni già di per sé penalizzanti. Vent’anni di divieti hanno portato a perdite consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani; si calcolano più di 125 milioni di euro all’anno di mancato guadagno. “Non saremo mai per ‘No’ ideologici, ma sempre per ‘Sì’ al dibattito, al confronto, su sviluppo e ricerca e – ha concluso il presidente di Confagricoltura – ci battiamo per un’agricoltura che veda riconosciuto il suo ruolo trainante nella nostra economia e che solo con l’innovazione potrà essere competitiva a livello globale. Per questo stiamo promuovendo la rete di ‘Amici degli agricoltori italiani’ che, con le loro competenze, facendo squadra, ci aiutino a creare sviluppo reale”.

Clarissa GulottaMais Ogm: uno studio conferma che non esiste nessuna evidenza di rischi per la salute
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Ape volontaria: domanda all’Inps per lasciare prima il lavoro

E’ stata aperta nei giorni scorsi l’Ape volontaria con la possibilità di presentare domanda all’Inps, per andare in pensione anticipata con il prestito concesso dalla banca e l’obbligo di restituirlo con gli interessi nell’arco di vent’anni. Il meccanismo è retroattivo e include chi ha maturato i requisiti entro il 1° maggio 2017, mentre i primi pensionamenti anticipati sono previsti per maggio. Possono fare richiesta di Ape volontaria i lavoratori che non hanno potuto usufruire dell’Ape social, riservata a 15 categorie di lavoratori impiegati in settori usuranti. Per poter accedere all’Ape volontaria è necessario aver già compiuto 63 anni entro il 1° maggio scorso ed è necessario maturare la pensione di vecchiaia entro 3 anni e sette mesi dalla data di domanda di Ape. Una volta ottenuta la certificazione, da parte dell’Inps, si fa domanda di uscita anticipata scegliendo l’istituto finanziario e l’impresa assicuratrice che dovranno erogare il finanziamento. Il debito va restituito nell’arco di 20 anni e l’Ape volontaria può essere chiesta anche se si continua a lavorare. Lo schema degli importi. L’Ape volontaria non ha un importo illimitato: il massimo che si può chiedere è del 75% dell’importo pensionistico certificato se la richiesta di Ape è per un periodo superiore a 36 mesi. Si può invece chiedere l’80% dell’importo mensile del trattamento pensionistico se la durata dell’erogazione è tra i 24 e i 36 mesi; l’85% dell’importo mensile di pensione se la durata è compresa tra 12 e 24 mesi; il 90% dell’importo mensile se la durata è inferiore a 12 mesi. L’importo minimo è pari a 150 euro al mese. Le rate da pagare. Secondo lo schema messo a punto dal governo, la rata da restituire alla banca corrisponde al 4,8% medio della pensione, se si guarda all’andamento ventennale dell’assegno pensionistico. Il 3,2% corrisponde al capitale ricevuto mentre l’1,6% copre i costi dell’operazione tra interessi e assicurazione. E proprio l’alto rischio di premorienza (si arriva infatti intorno a 87 anni ad aver finito di pagare il prestito) fa sì che sia alto il costo dell’assicurazione. Se il pensionato muore prima di aver restituito il prestito (prima quindi di 20 anni, una volta andato in pensione a 67 anni) il debito si estingue. Il calcolo con gli altri prestiti. Nella richiesta di finanziamento dell’Ape si dovrà tenere conto degli altri debiti pluriennali contratti, come ad esempio il mutuo per l’acquisto della casa. L’ammontare massimo della quota mensile di Ape ottenibile deve essere tale – si legge nel decreto del governo – da determinare una rata di ammortamento che, sommata ad eventuali altre rate per prestiti già contratti con ammortamento residuo superiore alla durata di erogazione dell’Ape, “non risulti superiore al 30% dell’importo mensile del trattamento pensionistico, al netto di eventuali rate per debiti erariali e di eventuali assegni divorzili”. Le simulazioni. Chi esce dal lavoro 3 anni prima del previsto, subisce una decurtazione del 15% che corrisponde a un taglio di 300 euro circa su un assegno di 2mila euro netti al mese e di 225 euro su una rendita di 1.500 euro mensili. Ritirandosi con due anni di anticipo, invece, la decurtazione scende a circa il 10%, equivalente a un taglio attorno ai 200 euro per un assegno di 2mila euro netti e di 150 euro su una rendita di 1.500 euro.

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Nuove regole di detrazione iva acquisti

Il Decreto Legge n. 50 del 2017 ha introdotto nuove regole sulla detrazione dell’IVA acquisti e l’Agenzia delle Entrate, con circolare del 17/1/2018, ha fornito specifici chiarimenti. Da quest’anno per la detrazione dell’IVA ci sono tempi più brevi e diventa importante la data di ricevimento delle fatture dai propri fornitori.

Ad esempio:

  • fattura di acquisto con data dicembre 2017 che viene ricevuta nello stesso mese:
    dovrà essere riportata nei registri IVA del 2017, e l’IVA potrà essere detratta nella liquidazione di dicembre 2017 o del quarto trimestre 2017. Se invece viene registrata più tardi, nel 2018, potrà essere portata in detrazione solo nella dichiarazione annuale (la cui presentazione scade il 30 aprile) e non nelle liquidazioni periodiche, come si poteva fare con le vecchie norme.
  • fattura di acquisto datata 2017 che viene ricevuta nel 2018:

la detrazione dell’IVA avviene nella liquidazione in cui la fattura è registrata, e comunque entro il 2018; se viene registrata successivamente, la detrazione deve avvenire entro la dichiarazione IVA relativa al 2018 (entro il 30 aprile 2019); dopodiché, la fattura di acquisto diventa indetraibile.

Diventa quindi adesso rilevante la data di ricevimento dei documenti, che può esser dimostrata, ad esempio, con la posta elettronica certificata PEC. Si raccomanda pertanto la massima cura nel conservare la prova del ricevimento delle fatture di acquisto.

Le nuove norme si applicano alle fatture emesse dal 2017. Per le fatture di acquisto datate 2015 e 2016 valgono invece le vecchie regole (la detrazione può essere effettuata entro la dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo alla data del documento).

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Scatta l’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta per il riso e la pasta

Sono entrati pienamente in vigore i decreti ministeriali sull’origine obbligatoria in etichetta per riso e pasta nel solco di quanto fatto per latte e derivati.
Per grano/pasta il decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:

  1. Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
  2. Paese di molitura: nome del Paese in cui il grano è stato macinato.

Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE;

  1. se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.

Per il riso il provvedimento prevede che sull’etichetta del riso devono essere indicati:

  1. “Paese di coltivazione del riso”;
  2. “Paese di lavorazione”;
  3. “Paese di confezionamento”.

Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”.
Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.
Le indicazioni sull’origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.
I decreti restano in vigore fino alla piena attuazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 che prevede i casi in cui debba essere indicato il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l’applicazione all’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi non sono stati ancora emanati.

Clarissa GulottaScatta l’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta per il riso e la pasta
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