Giugno 2023

Domande filiera grano duro

Con la domanda unica della Pac è possibile richiedere l’aiuto de minimis per il grano duro similmente agli anni precedenti.

L’intervento, già applicato per il grano duro nelle campagne 2017-2022, prevede uno stanziamento che ammonta a 36 milioni di euro per il grano duro (14 milioni per il 2023, 12 milioni per il 2024 e 10 milioni per il 2025). L’aiuto è richiedibile dalle aziende agricole che abbiano già sottoscritto con l’industria molitoria, con centri di stoccaggio oppure attraverso cooperative e consorzi di cui sono socie, contratti di filiera di durata almeno triennale, entro il 31 dicembre dell’anno precedente alla scadenza della domanda di contributo; per la campagna 2023 il contratto di filiera deve essere stato sottoscritto entro il 31 dicembre 2022.

Per la campagna 2023 è concesso un aiuto di 100 euro per ogni ettaro coltivato a grano duro, oggetto del contratto. L’importo unitario dell’aiuto è determinato in base al rapporto tra l’ammontare dei fondi stanziati e la superficie totale coltivata a grano duro per la quale è stata presentata domanda di aiuto; in caso di superamento dei fondi annuali disponibili, Agea procederà ad applicare una riduzione dell’aiuto previsto mediante l’adozione del taglio lineare.

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Decreto bollette e agroenergie

A seguito di alcuni chiarimenti pervenuti in questi giorni rettifichiamo in parte quanto scritto la settimana scorsa in merito alla deroga relativa alla disciplina sulla determinazione del reddito imponibile degli impianti agroenergetici a seguito della conversione in legge del decreto 26 maggio 2023 n. 56 (decreto bollette).

La deroga si riferisce alla componente dell’energia ceduta compresa all’interno della tariffa onnicomprensiva. Ciò significa che va applicata esclusivamente agli impianti di biogas e non anche fotovoltaico.

Ricordiamo che la disposizione in esame prevede che, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, nella determinazione del reddito imponibile in questione, la componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, sia data dal minor valore tra il prezzo medio di cessione dell’energia elettrica – che è stabilito dall’ARERA, ovvero l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente – e un valore di 120 euro al MegaWatt/ora.

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Lavoro, emergenza nei campi

Fare sistema, insieme a tutti gli attori del settore agricolo, partendo dal contratto nazionale di lavoro e rivedendo gli strumenti attuali, per dare una risposta concreta ed efficace alle esigenze delle imprese e degli addetti.

E’ questa la proposta scaturita dal convegno sul lavoro organizzato nei giorni scorsi da Confagricoltura, principale organizzazione datoriale agricola.

Al tavolo, oltre al presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, anche i segretari generali della FAI CISL Onofrio Rota, della UILA UIL, Stefano Mantegazza e il segretario generale della CGIL Maurizio Landini, il direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro Paolo Pennesi, il consigliere agricolo dell’Ambasciata australiana Emma Hatcher, il giornalista Alessandro Plateroti, oltre a Ersilia di Tullio di Nomisma e il direttore dell’Area Lavoro di Confagricoltura, Roberto Caponi. E’ intervenuto con un contributo il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone.

Oggi abbiamo un racconto dell’agricoltura che non fotografa la realtà; – ha detto Giansanti – il dibattito sui cambiamenti del contratto di lavoro è quindi necessario tenendo presente quali sono le difficoltà e le richieste effettive di imprese e lavoratori”.

Intervenire sui trattamenti economici per renderli più attrattivi e competitivi nell’ambito del CNL, mantenere il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti, detassare gli aumenti retributivi contrattuali, ma ancheavvicinare i giovani al mondo agricolo riconoscendo crediti e incentivi, rivedere insieme il decreto flussi che così come è strutturato non funziona. Per quanto riguarda le esternalizzazioni (appalto di servizi), per Confagricoltura è essenziale poter contare su un quadro normativo chiaro e stabile, che consenta alle imprese agricole di operare correttamente senza correre il rischio di interpretazioni opinabili che possono comportare gravi conseguenze sotto il profilo sanzionatorio.

Queste alcune delle proposte avanzate da Confagricoltura per contrastare la mancanza di manodopera, grave problema delle campagne italiane. “L’emergenza è tale – ha rimarcato Giansanti – che alle richieste di ridurre il costo del lavoro e di semplificare gli adempimenti si è sommata, prendendo il sopravvento, l’esigenza di manodopera disponibile e qualificata. Semine, raccolte e lavorazioni seguono cicli naturali e non si possono rimandare”.

Oltre un milione di dipendenti e 117 milioni di giornate lavorate. Questo il quadro del settore agricolo italiano fotografato da Nomisma. Quasi un terzo dei lavoratori è straniero, sebbene cambi la geografia di provenienza: aumentano gli extracomunitari, in particolare indiani, albanesi e marocchini. Ma gli intoppi burocratici frenano il loro inserimento nelle aziende, che diventano così meno attrattive rispetto a quelle estere. L’esperienza illustrata per l’Australia è una delle più palesi conferme sul fronte del coinvolgimento dei giovani.

Lo stesso ministro Calderone ha evidenziato la necessità di rivedere gli strumenti utili allo sviluppo del settore primario, coinvolgendo proprio le nuove generazioni.

Nella tavola rotonda conclusiva moderata dal giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini, il segretario generale della CGIL Landini ha sottolineato l’urgenza di gestire i cambiamenti in atto stabilendo insieme priorità per arrivare a scelte lungimiranti e di qualità per tutti.

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Parco agrisolare, approvato il decreto

La Commissione Europea ha dato il via libera al nuovo decreto del bando Agrisolare che ha un fondo di un miliardo di euro e prevede finanziamenti a fondo perduto fino all’80% per la realizzazione di impianti fotovoltaici. Il decreto relativo, firmato dal Ministro, a breve sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, istituisce il nuovo regime di aiuti per interventi su edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale.

Ricordiamo di seguito le principali novità del decreto:

80% di contributo a fondo perduto per le imprese agricole di produzione primaria su tutto il territorio nazionale nei limiti dell’autoconsumo, con la nuova fattispecie dell'”autoconsumo condiviso”. Dotazione finanziaria pari a circa 700 milioni di euro;

fino all’80% di contributo a fondo perduto e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese di trasformazione di prodotti agricoli. Dotazione finanziaria pari a circa 150 milioni di euro;

30% di contributo a fondo perduto (con maggiorazioni per piccole e medie imprese e per aree svantaggiate) e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese agricole di produzione primaria. Dotazione finanziaria pari a circa 75 milioni;

30% di contributo a fondo perduto (con maggiorazioni per piccole e medie imprese e per aree svantaggiate) e possibilità di vendita dell’energia prodotta sul mercato, senza vincolo di autoconsumo, per le imprese della trasformazione da agricolo in non agricolo;

raddoppio della potenza massima installabile che passa da 500 kw/p a 1.000 kw/p;

raddoppio della spesa ammissibile per accumulatori che passa da euro 50.000 ad euro 100.000;

raddoppio della spesa ammissibile per dispositivi di ricarica che passa da 15.000 a 30.000;

raddoppio della spesa massima ammissibile per beneficiario che passa da euro 1.000.000,00 ad euro 2.330.000,00 incluse le spese accessorie (es. rimozione amianto).

Nei prossimi giorni dovremmo conoscere la data di pubblicazione del bando che orientativamente dovrebbe essere dopo il 15 luglio.

Le aziende interessate possono rivolgersi agli uffici dell’associazione per ulteriori informazioni sul bando.

 

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Vino, bando per investimenti nelle cantine

Aprirà a breve, e avrà scadenza il 31 luglio, il nuovo bando volto a sostenere gli investimenti nelle cantine. La misura, prevista dagli interventi di settore (OCM vino) prevede l’erogazione di un aiuto agli investimenti, corrisposto sotto forma di contributo in conto capitale, per investimenti materiali o immateriali in impianti di trattamento e in infrastrutture vinicole nonché in strutture e strumenti di commercializzazione. Tali investimenti sono diretti a migliorare il rendimento dell’impresa e il suo adeguamento alle richieste del mercato, oltre che ad aumentarne la competitività.

L’aiuto pubblico è pari al 40% della spesa ritenuta ammissibile. L’importo massimo della spesa ammessa a finanziamento è pari a 200.000 euro, mentre quello minimo è fissato in 15.000 euro.

Sono ammissibili i seguenti interventi:

  1. Acquisto di botti in legno ivi comprese le barrique, per l’affinamento dei vini di qualità (DOC e DOCG)
  2. Acquisto attrezzature per trasformazione e commercializzazione prodotti vitivinicoli, comprese le relative componenti impiantistiche necessarie per garantirne l’utilizzo, atte a svolgere le seguenti operazioni: pigiatura/ diraspatura; pressatura; filtrazione/ centrifugazione/flottazione; concentrazione/arricchimento; stabilizzazione; refrigerazione; trasporto materie prime, prodotti e sottoprodotti: pompe, nastri, coclee, ecc.;  dosaggio di elementi (O2, SO2, ecc.); imbottigliamento; confezionamento; automazione magazzino; appassimento uve; stoccaggio vini; fermentazione; spumantizzazione.
  1. Acquisto attrezzature di laboratorio per l’analisi chimico – fisica delle uve, dei mosti e dei vini finalizzate al campionamento, controllo e miglioramento dei parametri qualitativi delle produzioni.
  2. Allestimento punti vendita al dettaglio aziendali ed extra-aziendali: acquisto di attrezzature e elementi di arredo per la realizzazione di punti vendita al dettaglio, esposizione e degustazione prodotti vitivinicoli, nel limite massimo di spesa di 600 €/mq.
  3. Acquisto di attrezzature informatiche e relativi programmi finalizzati a: gestione aziendale, controllo degli impianti tecnologici finalizzati alla trasformazione, stoccaggio e movimentazione del prodotto, sviluppo di reti di informazione e comunicazione, commercializzazione delle produzioni.

Condizioni di ammissibilità degli interventi

  1. a) Presentazione di un Piano Aziendale (di seguito PA) che individui i motivi per cui si intendono realizzare gli investimenti proposti in relazione alla realtà produttiva dell’azienda.

Tale miglioramento sarà valutato sulla base dell’incremento della performance economica aziendale espressa in termini di aumento del Reddito Operativo.

Il PA dovrà essere redatto secondo il format disponibile sul sito di AVEPA. Il PA prevede una versione completa e una semplificata (individuata come versione sotto soglia). La versione semplificata può essere utilizzata per i progetti che prevedono investimenti fino a 200.000 euro;

  1. b) essere realizzati nel territorio della Regione Veneto;

Impegni a carico dei beneficiari

Il beneficiario degli aiuti:

1) deve condurre l’azienda per almeno cinque anni decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto di concessione del contributo sul Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto;

2) deve tenere una contabilità aziendale, per un periodo minimo di 5 anni dalla data di pubblicazione del decreto di concessione del contributo sul Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto;

3) deve applicare le disposizioni annuali di lotta obbligatoria definite con decreto del direttore dell’Unità organizzativa fitosanitario per almeno tre anni decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto di concessione del contributo sul Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto.

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Cereali, le piogge allontanano i fantasmi della siccità 2022

Le piogge abbondanti tra maggio e giugno hanno scongiurato il fantasma di una siccità grave come quella dell’anno scorso. Tuttavia, qualche problema l’hanno creato ai raccolti del grano e dell’orzo, che hanno un po’ sofferto per l’eccesso di umidità e per le grandinate. Migliore, invece, la situazione attuale per mais e soia, anche se l’estate è agli esordi ed è troppo presto per cantare vittoria.

A tracciare il quadro è Chiara Dossi, presidente della sezione cereali alimentari di Confagricoltura Veneto e titolare di un’azienda prevalentemente cerealicola ad Adria, in provincia di Rovigo. “Dopo la torrida estate 2022 e l’inverno arido di piogge, eravamo partiti con il timore di dover affrontare un’altra stagione fortemente critica, tanto che avevamo assistito a un calo drastico di semine di mais e ad un aumento di quelle di grano e orzo – spiega -. Invece, a sorpresa, c’è stata questa inversione, che da un lato ha portato grande beneficio alle falde e alle semine, ma dall’altro ha creato problemi di qualità alle colture autunno-vernine come grano e orzo. La difficoltà di lavorare i terreni impregnati d’acqua e di fare i necessari trattamenti ha comportato l’insorgenza di malattie fungine, così come il vento e le tempeste hanno causato problemi di allettamento. Ora siamo in fase di raccolta dell’orzo e le previsioni sono di un calo del peso specifico, anche se a macchia di leopardo. Ci saranno zone con rese magari inferiori all’anno scorso ma soddisfacenti, mentre altre mostreranno una maggiore sofferenza. Per vedere come andrà con il grano bisogna attendere l’arrivo di luglio”.

Per quanto riguarda il mais, le semine sono state avvantaggiate dalle piogge, a parte le zone colpite dalle grandinate di fine aprile, dove è stata necessaria la risemina. “Il terreno è umido ed è quindi del tutto assente lo stress idrico, che in questo periodo dello scorso anno era già forte – dice Chiara Dossi -. Basti pensare che nel giugno 2022 avevamo già irrigato due volte, mentre quest’anno non è stato necessario. Però attenzione: se dovessero ripetersi tra luglio e agosto lunghi periodi di calore intenso e siccità, chi non ha possibilità di irrigare può andare ancora in sofferenza. Per quanto riguarda la soia, le semine sono state ritardate a causa del maltempo, ma la crescita ora sta procedendo bene”.

I costi di produzione rimangono alti, anche se c’è stato un calo delle tariffe dell’energia. “Qualche risparmio c’è stato, anche con le mancate irrigazioni, ma i costi dei fertilizzanti a gennaio erano ancora molto alti, così come quelli dei semi – sottolinea la produttrice -. La nota veramente negativa, però, è sul fronte dei prezzi: il mercato dei cereali è crollato drasticamente nel giro di qualche mese, complice anche lo sblocco del grano ucraino. Anche l’aumento delle superfici a grano e orzo, stimate in circa il 30% in più, ha contribuito alla contrazione delle quotazioni. Fortunatamente molte aziende agricole hanno aderito ai contratti di filiera con alcune industrie alimentari, che danno la garanzia di un reddito e spingono verso la sostenibilità ambientale. Io e altri abbiamo  aderito al progetto “Carta del mulino”, decalogo di agricoltura sostenibile pensato per offrire rifugio alle api e ad altri insetti impollinatori, oggi a rischio sopravvivenza  a causa dei cambiamenti climatici. Molto interessante anche la futura nascita in Polesine, a Loreo, della più grande malteria d’Italia, che dovrebbe aprire entro un paio d’anni e produrre 40.000 tonnellate di malto da birra all’anno. Un progetto interessante, che sta inducendo molte aziende agricole venete ad aumentare le superfici ad orzo per produzione di birra, nella speranza che la nuova filiera possa valorizzare il prodotto”.

 

Il Veneto è il primo produttore di mais in Italia con una superficie complessiva di 184.000 ettari, con Padova prima provincia seguita da Venezia, Rovigo, Verona, Treviso, Vicenza e Belluno. Per la coltivazione di frumento tenero la regione è seconda in Italia con 96.000 ettari, con prima provincia Rovigo seguita da Padova, Venezia e Verona, Treviso e Belluno. La superficie di frumento duro è salita a circa 19.400 ettari (+34%) e vede sempre Rovigo capolista, con oltre il 65% delle superfici coltivate, seguita da Verona e Padova. Aumento sensibile anche per la superficie coltivata a orzo, a quota 21.500 ettari (+ 20,4%), con investimenti localizzati principalmente a Padova, seguita da Verona, Venezia, Treviso, Rovigo e Vicenza. Bene anche la soia, 148.000 ettari e aumento del 5,3%, che vede Venezia prima provincia per investimenti seguita da Padova e Rovigo. Più distanziate Treviso, Verona e Vicenza (dati di Veneto Agricoltura e Istat).

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Il polesano Mezzanato presidente regionale del settore agroenergie

Sarà il polesano Nicola Mezzanato a guidare la sezione Agroenergie di Confagricoltura Veneto, che si occupa delle energie rinnovabili legate al mondo agricolo. Un tema oggi di grande attualità alla luce dell’impennata delle bollette del gas e della luce, seguita l’anno scorso allo scoppio del conflitto in Ucraina, che ha indotto molte aziende agricole a orientarsi in un percorso di autoproduzione energetica. Mezzanato, da sempre impegnato nell’azienda familiare di bovini da carne e titolare di un impianto a Porto Viro che utilizza i reflui aziendali per la produzione di biogas, succede al padovano Giovanni Musini.

“Anche se i costi energetici stanno calando, le imprese stanno continuando a soffrire per le congiunture negative dei mesi scorsi – spiega il nuovo presidente del settore agroenergie di Confagricoltura Veneto – -. Perciò stanno continuando a cercare diverse soluzioni per abbattere i costi, come ricorrere all’autoproduzione e consumo di energia elettrica o all’utilizzo di concimazioni organiche.  La realizzazione di impianti di biogas e biometano e la produzione di energia da fotovoltaico sono una comprovata integrazione al reddito. Tuttavia, l’affacciarsi nel settore agricolo di importanti player dell’energia sta ridimensionando tale ruolo. Ne è un esempio la richiesta di importanti superfici per la realizzazione di grandi impianti fotovoltaici, che sta diventando allettante per molti imprenditori agricoli, in quanto possono concedere le superfici a fronte di vincoli a lunga scadenza. Gli alti costi di investimento per un impianto di biometano e le condizioni realizzative rendono, infatti, sempre più difficile la possibilità per gli agricoltori di concretizzare autonomamente i progetti. Senza contare che a pesare è anche l’aumento del costo del denaro. Un peccato, perché gli imprenditori perdono l’opportunità di diversificazione dell’attività, a integrazione del reddito”.

Mezzanato, da sempre attento alle politiche di sostenibilità, è convinto che l’agricoltura possa svolgere un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi del Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che prevede entro il 2030 uno scatto importante sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2. “Ci sono tante iniziative e opportunità che il settore agricolo può cogliere – spiega -. I fondi del Pnrr, con 1,1 miliardi per il fotovoltaico, 1,5 per l’agrisolare e 1,7 miliardi per costruire nuovi impianti di biometano o riconvertire quelli in scadenza di biogas per la produzione di energia elettrica, possono essere un’occasione importante, ma serviranno ulteriori strumenti per supportare gli agricoltori. C’è anche il nodo dei 1.800 impianti biogas in Italia, di cui 200 nel Veneto, che andranno in scadenza tra il 2025 e il 2027. Se non si dà la possibilità di continuare con l’elettrico, molti impianti rischieranno la chiusura. Inoltre, non tutti potranno essere riconvertiti in biometano, sia per gli alti costi, sia per le dimensioni minime legate alla taglia degli impianti. Tutti i progetti, affinché si realizzino, devono avere una sostenibilità economica”.

Il biogas è una fonte alternativa di energia rinnovabile derivante dagli scarti agricoli e può essere impiegata per la produzione di energia elettrica e calore. Gli impianti di biogas producono come residuo della fermentazione il digestato, un materiale utilizzato nei campi come concime. Il biometano è il risultato della raffinazione del biogas ed è completamente assimilabile al gas naturale di origine fossile. Il biometano può essere utilizzato per l’autotrazione (camion, auto e bus), oppure essere immesso nella rete nazionale di distribuzione.

 

 

 

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Decreto lavoro, arriva l’assegno di inclusione

Il Decreto legge n. 48 del 4 maggio ha modificato anche la disciplina relativa al reddito di cittadinanza. Da 1° gennaio 2024 infatti, in luogo del “Reddito di cittadinanza” (che resta in vigore fino al 31 dicembre 2023), verrà introdotto uno strumento assistenziale con requisiti più stringenti, denominato “Assegno di inclusione”, di cui potranno beneficiare i nuclei familiari con disabili, minori, over 60, con particolari requisiti soggettivi, reddituali, patrimoniali ed ISEE.

L’importo dell’integrazione al reddito familiare può arrivare fino a 6.000 euro annui (a cui può aggiungersi un contributo per le locazioni fino a 3.360 euro annui). L’assegno viene erogato mensilmente attraverso la “Carta di inclusione” per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per ulteriori 12 mesi. È esente da IRPEF e si configura come sussidio di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri.

Un eventuale rapporto di lavoro dipendente che intervenga durante il periodo di erogazione dell’Assegno di inclusione non inficia la determinazione dello stesso entro il limite di 3.000 euro lordi annui. In caso di superamento della predetta soglia il beneficiario deve darne comunicazione all’INPS.

La fruizione del beneficio è subordinata alla sottoscrizione di un patto di “attivazione digitale” per la trasmissione dei dati del nucleo familiare ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati all’attività di intermediazione attraverso il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL).

I beneficiari inoltre saranno presi in carico dai servizi sociali del comune di residenza, mentre i soli componenti del nucleo familiare “attivabili” al lavoro di età compresa tra i 18 ed i 59 anni sottoscriveranno un “patto di servizio” personalizzato con il centro per l’impiego competente finalizzato a favorire la loro occupazione.

La norma definisce anche l’offerta di lavoro che, se rifiutata, fa perdere il sussidio. Il componente del nucleo familiare beneficiario dell’assegno di inclusione, attivabile al lavoro, è tenuto ad accettare in tutta Italia un rapporto a tempo indeterminato a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al 60% per cento dell’orario. Se il contratto offerto è a tempo determinato l’offerta può essere rifiutata se il luogo di lavoro dista più di 80 Km da casa.

Per contratti di lavoro subordinato di breve durata (tra uno e sei mesi), l’erogazione dell’Assegno viene sospesa, fermo restando il limite di 3.000 euro lordi annui.

Al fine di reinserire tali soggetti nel mercato del lavoro, è riconosciuto un apposito incentivo per i datori di lavoro che assumeranno percettori dell’assegno di inclusione, consistente in un esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali (esclusi quelli INAIL) a carico del datore di lavoro per 12 mesi, con un tetto massimo di 8.000 euro annui. Qualora l’assunzione avvenga con contratti a termine o stagionali (a tempo pieno o parziale), lo sgravio si riduce al 50% dei contributi dovuti, nel limite massimo di 4.000 euro annui.

Sono previsti stringenti controlli finalizzati a verificare la regolarità di attribuzione del beneficio, nonché pesanti sanzioni, anche penali, per la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, oltre alla decadenza dal beneficio stesso e alla restituzione degli indebiti.

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Aviaria, domande per i danni indiretti

Fino al 30 giugno prossimo è possibile presentare la domanda di sostegno comunitario per i danni indiretti subiti dalle imprese avicole per l’applicazione delle misure sanitarie per il controllo dell’influenza aviaria nel periodo 23/102021 – 31/12/2021.

Il sostegno è previsto dal Reg. (UE) n. 2023/834 ed è disciplinato dal DM n. 278458 del 30/05/2023 e dalla circolare Agea n. 41935 del 01/06/2023.

La domanda deve essere presentata unicamente in modalità informatica, secondo le istruzioni operative scaricabili nel sito: https://www.avepa.it/manuali-procedure-aviaria, sezione “Aviaria Aiuti Comunitari”, dove sono pubblicate tutte le informazioni relative alla normativa di settore.

Per le aziende che avessero beneficiato di un sostegno nazionale -come Aiuto di Stato ai sensi del DM 216437 del 12 maggio 2022-  l’importo del contributo richiesto sarà decurtato per la quota nazionale già ricevuta per la stessa tipologia di danno subito.

AmministrazioneAviaria, domande per i danni indiretti
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Modifiche alle norme sui rifiuti

Un’importante novità relativamente ai rifiuti è la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno u.s., del Decreto Legislativo numero 213 del 23 dicembre 2022, titolato “Correttivo al Recepimento Pacchetto economia circolare rifiuti”.

Il nuovo provvedimento, le cui disposizioni entreranno in vigore il prossimo 16 giugno, contiene sostanziali modifiche al Decreto Legislativo numero 152 del 2006 (“Norme in materia ambientale”), tra cui la cancellazione della possibilità di istituzione di schemi di responsabilità estesa del produttore (EPR) “anche su istanza di parte” (articolo 178-bis) e il divieto di incenerimento per rifiuti raccolti in modo differenziato.

Sono stati modificati poi gli obblighi informativi dei sistemi di gestione degli imballaggi (articolo 237, Dlgs 152/2006) per spingere la promozione dell’ecodesign di prodotti che contengono materie prime critiche. Scomparsa la norma presente nelle prime bozze del provvedimento che considerava i rifiuti prodotti da agriturismi, fattorie didattiche e spacci aziendali come rifiuti urbani, facendoli quindi tornare nel perimetro applicativo della Tari a dispetto di quanto contenuto nel Dlgs 116/2020. Si ricorda, infatti, che tale Dlgs ha classificato i rifiuti prodotti dalle attività agricole e connesse come rifiuti speciali.

Con l’eliminazione di tale misura si conferma, pertanto, che le aziende agrituristiche potranno scegliere autonomamente il soggetto privato a cui affidare la raccolta dei propri rifiuti mantenendo comunque la facoltà, se ritenuto più conveniente e vantaggioso a livello economico o gestionale, di consegnare i propri rifiuti al servizio di raccolta comunale, previa stipula di apposita convenzione con l’ente locale o con il gestore del servizio da esso designato.

 

AmministrazioneModifiche alle norme sui rifiuti
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